sabato 9 febbraio 2008

Il cattivo esempio di Tommie Smith



(articolo di Rudi Ghedini, tratto dalla rubrica FUORIGIOCO del giornale CARTA)


Era il 16 ottobre 1968, a Città del Messico, quando andò in scena il più emozionante atto di protesta nella storia dello sport: sul podio dei 200 metri, Tommie Smith e John Carlos, primo e terzo classificato, alzarono il pugno chiuso, guantato di nero, e il black power sbriciolò la vetrina dei Giochi Olimpici. Da allora, i palcoscenici sportivi internazionali sono stati ripetutamente usati per lanciare messaggi politici. Ricordo la divertente contestazione ai Giochi di Los Angeles (1982) del vincitore del decathlon, l’inglese Daley Thompson, che esibì una maglietta su cui stava scritto: «Grazie America per i bei giochi e il grande avvenimento». Il testo proseguiva sul retro: «Ma che ne pensi delle riprese televisive?».

Impossibile riepilogare la serie di magliette con messaggio politico, anche limitandosi all’ambito calcistico: da quella di Robbie Fowler a sostegno degli scioperi dei minatori inglesi, a quella del serbo Stojkovic mentre infuriavano i bombardamenti sulla ex Jugoslavia, fino all’egiziano Mohamed Aboutrika, che in Coppa d’Africa, qualche giorno fa, ha sollevato la maglia per mostrare una scritta solidale con il popolo di Gaza.

Avvicinandosi Pechino, alcuni Comitati Olimpici stanno elaborando regolamenti per vietare ai propri atleti di esprimere opinioni politiche. Censura preventiva: il Belgio ha stabilito che i componenti della propria delegazione dovranno ubbidire a un codice che vieta di portare all’attenzione del pubblico questioni politiche e religiose. La preoccupazione è implicita quanto evidente: non creare problemi alla Cina.

Qualche giorno fa, Tommie Smith ha detto di sperare in una nuova generazione di atleti «che non abbia paura di pensare. Il mio era il tempo dei gesti, a Pechino potranno parlare». Il potere sportivo lavora affinché questa speranza vada delusa.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Già: come quel calciatore africano di origini falascia che agli ultimi mondiali, per festeggiare il gol, sventolò la bandiera di Israele.
I nazirossislamici subito a criticarlo!
Lo avete dimenticato?
Noi no!

Anonimo ha detto...

Per maggior dettaglio, la foto "incriminata" in cui il calciatore svoltola la Stella di Davide la potete trovare al seguente link: http://www.lascialatraccia.com/forum/uploads/av-5.jpg
Mi raccomando compagnucci, di solito tanto sensibili ai poveri bimbi palestinesi, armati di tutto punto, dimenticandovi magari di quelli affetti da sindrome di Down, mandati a farsi esplodere dai vostri amici di hamas, dimenticandovi dei bimbi israeliani di Sderot, da anni sotto i tiri indiscriminati dei vostri compagni hezbollah... quando vedrete la foto cercate di non vomitare... siete proprio i degni eredi delle ss naziste, tanto odiate gli ebrei, vero?

Sandro ha detto...

Caro anonimo, ti sbagli, noi non odiamo gli ebrei, e non odiamo nemmeno te. E non ci risulta lo faccia nemmeno Rudi Ghedini, l'autore dell'articolo.

Anonimo ha detto...

Mi interessava ricordare uno dei tanti episodi in cui lo sport è servito a mandare un messaggio politico. Perciò ringrazio chi mi ha fatto conoscere l'episodio della stella di Davide...