mercoledì 21 maggio 2008

Marco Travaglio - Passaparola

2 commenti:

Anonimo ha detto...

GLI AMICI "PARTICOLARI" DI TRAVAGLIO

Travaglio-D'Avanzo La comica lite di due manettari di GIANLUIGI PARAGONE

15.05.2008 da Libero http://libero-news.dnsalias.com/libero

La notizia sembra essere che Travaglio ha rotto pure dalle parti del gruppo De Benedetti.
Dopo tanti anni di lingua in bocca, Repubblica ha piazzato un siluro della serie "colpito e affondato". Poi però capisci che la notizia vera è un'altra: l'Ingegnere ha cambiato idea, il giustizialismo fa solo danni.

Tutto comincia Gogna di carta (...) con la nota puntata di "Che tempo che fa", trasmissione condotta faziosamente da Fabio Fazio. Ospite di turno è Marco Travaglio, autore del libro "Se li conosci li eviti". Durante la puntata Travaglio fa il Travaglio, così racconta alcuni fatti riguardanti il presidente Schifani, mescolando amicizie a suo dire pericolose con lombrichi e muffe. Monta la polemica. A Travaglio sarebbe bastato rammentare che alla mafia Schifani ha fatto un regalone memorabile, cioè l'inasprimento del 41 bis: il carcere duro per i mafiosi. Non male per uno che sarebbe in debito con Cosa Nostra, no? Fatto sta che Travaglio non molla l'osso, sente l'odore di martirio giornalistico e va avanti per la sua strada nella speranza di farsi cacciare dalla Rai.

Il che sarebbe un drammatico errore. "Giù le mani da Travaglio" gridano i suoi soliti compagni di viaggio Santoro, Grillo, Furio Colombo, la Guzzanti, il gruppo di Micromega. All'appello però manca il gruppo Repubblica-Espresso, solitamente sulla stessa frequenza d'onda. Stavolta le penne giustizialiste del giornale fondato da Eugenio Scalfari non s'accodano. Anzi, gliele suonano di santa ragione.

Due giorni fa esce un pezzo a firma Giuseppe D'Avanzo, che pizzica Travaglio e gli fa la ramanzina sulla neutralità dei fatti e sul rapporto di lealtà con il lettore al quale non si può vendere la realtà per quella che non è. Marcolino si legge il pezzo e chiede ospitalità a Repubblica per una replica. Affare fatto. «Caro direttore», scrive carico di sarcasmo il fustigatore di Annozero e Unità, «ringrazio D'Avanzo per la lezione di giornalismo che mi ha impartito. Ma per quanto mi riguarda temo di essere irrecuperabile, avendo lavorato per cattivi maestri come Montanelli, Biagi, Rinaldi, Furio Colombo e altri... Mi sono limitato a rammentare un fatto vero». Chiusa qui? Macché. La risposta di D'Avanzo è una rasoiata.

Comincia con una sottile presa per i fondelli sul suo rapporto con i maestri illustri: «Non so che cosa davvero pensassero dell'allievo gli eccellenti maestri di Marco Travaglio». Per arrivare alla botta finale, dove spiega che non sempre i fatti sono la verità. Vi faccio un esempio, spiega D'Avanzo. E racconta di un incontro tra un certo Marco e un certo Pippo, sottufficiale di polizia giudiziaria. I due vanno in vacanza assieme. Pippo - continua nell'esempio il corsivista di Repubblica - è amico di un certo Aiello poi condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso. Lo stesso Pippo sarà poi condannato per aver favorito Aiello e per aver rivelato segreti d'ufficio utili a favorire la latitanza di Bernardo Provenzano.

Ma chi è questo Marco che va in vacanza con Pippo? Lui, Marco Travaglio. Minchia, verrebbe da esclamare: pure Marcolino frequenta amici pericolosi? A leggere Repubblica sì. Sebbene, precisa D'Avanzo, nessuno si sognerebbe di domandare a Travaglio spiegazioni di quell'amicizia e di quella vacanza. Anche se... «pure Travaglio può essere travolto dal metodo Travaglio». Capita la nuova morale di Repubblica? «La necessaria critica alla classe politico-istituzionale merita onesto giornalismo, non un qualunquismo antipolitico alimentato, per interesse particolare, da un linciaggio continuo e irrefrenabile».

Travaglio, Grillo, Santoro e soci sono serviti di barba e capelli; anche se alla fine bisogna riconoscere che almeno loro sono coerenti. Vedremo quanto durerà il nuovo verbo debenedettiano. Certo, verrebbe da domandare perché tanto senso della misura non sia stato applicato negli ultimi due anni, dove l'innamoramento di certe redazioni per noti pubblici ministeri è scolpito in articoli e in inchieste. Poi smentite dall'epilogo dei fatti, come dimostrano le assoluzioni di Mastella o di Lele Mora.

L'impressione perciò è un'altra. Forse anche dalle parti di Repubblica e dell'Espresso si sono accorti che, fatto cadere Prodi, dietro la curva non c'era alcun nuovo Messia pronto a guidare il Paese. E che le tessere numero uno non servono a nulla, ora che il Cavaliere è tornato al governo. Non solo. La linea giustizialista dei giornali dell'Ingegnere ha allevato Tonino Di Pietro, lo ha fatto ingrassare di voti. Il guaio è che ora, per Veltroni, Tonino è un problema, perché l'ex pm non ha concorrenti nell'antiberlusconismo. Più alzerà il tiro e più raccoglierà voti.

Le Europee sono dietro l'angolo. Ricapitolando. In un colpo solo, la linea De Benedetti ha:
1) fatto cadere Prodi;
2) riportato al governo quel Berlusca a loro tanto inviso;
3) messo in difficoltà l'astro nascente Veltroni;
4) favorito Di Pietro e la cosiddetta antipolitica.

Complimenti Ingegnere, ha messo su un vero capolavoro politico. Repubblica molla Travaglio e gli rende pan per focaccia: anche tu in hotel coi mafiosi La tragicomica faida dei manettari

Anonimo ha detto...

E ora voglio vedere se avrete il coraggio di "passare parola" sulle interessanti amicizie del marcolino travaglietto...